Quando, nelle ultime fasi della psicoterapia, Marco è partito per l’Australia era entusiasta della nuova esperienza, aveva voglia di scoprire un mondo nuovo, di mettersi in gioco, di migliorare il suo inglese, sebbene fosse già buono.
Oltre agli attacchi di panico, in Italia lasciava i genitori, la sorella maggiore, il cane e gli amici di una vita. Era finita una storia importante e, contemporaneamente, aveva concluso lo stage dopo la laurea in informatica.
Fu allora che, quasi per gioco, superato il Disturbo da Attacchi di Panico, per cui aveva iniziato la psicoterapia cognitivo-comportamentale nel mio studio di Milano, rispose a un annuncio su un sito di lavoro australiano.
Fu contattato e gli fu rapidamente fissato un colloquio via Skype. In breve gli fissarono un secondo colloquio, questa volta a Londra, presso una delle sedi della società per cui avrebbe lavorato in Australia.
A livello psicologico lo aiutai a gestire l’ansia anticipatoria per il colloquio, per il volo e i residui timori di avere un Attacco di Panico.
Il colloquio di lavoro andò bene e, in qualche settimana Marco, si ritrovò con un’ottima proposta di lavoro per la sede australiana di una prestigiosa multinazionale.
Marco fu colpito dalla rapidità con cui si svolse tutta la selezione e dalla cordialità di Nick, che lo aveva intervistato via Skype dall’Australia.
Il confronto che le difficoltà che aveva avuto per fare uno stage sottopagato in Italia e la difficoltà a trovare un lavoro sul suolo italiano, l’amarezza per avere visto persone con qualche conoscenza personale occupare posti di lavoro che non meritavano, lo convinsero a partire.
Aveva compilato una lista di pro e contro relativi alla partenza e alla proposta di lavoro ricevuta dall’Australia e i contro si esaurivano nell’elenco delle persone di cui avrebbe avuto nostalgia oltreoceano, down under, come presto iniziò a chiamare la sua destinazione.
Cercò una sistemazione temporanea a Melbourne, riservandosi di trovare un appartamento per un periodo più lungo una volta che si fosse trasferito in Australia. Voleva conoscere Melbourne e valutare meglio prima di impegnarsi nell’affitto di una sistemazione per un periodo più lungo.
Il primo incontro di counseling psicologico online via Skype con Marco avvenne da una piccola e curata stanza di un ostello. Erano le 18.00 a Melbourne, le 9.00 in Italia. Marco aveva appena concluso la sua prima giornata di lavoro.
Era entusiasta. Tutto era meraviglioso per Marco. I colleghi e il lavoro erano eccezionali, la città lo incuriosiva, anche il clima mutevole era una cosa positiva in quel momento.
Era in piena “Luna di miele”, la prima fase dello shock culturale, periodo in cui chi si trasferisce all’estero amplifica i pregi del paese e della cultura in cui vive, minimizzando o ignorando deliberatamente gli elementi critici.
Dopo un paio di mesi di luna di miele si verificò la crisi, seconda fase dello shock culturale.
Si avvicinava il Natale e Marco non sarebbe tornato in Italia. Amici e parenti lo contattavano dall’Italia tramite Skype, WhatsApp, Facebook e tutti i social possibili per la curiosità di sapere come stava. In molti lo invitarono per Natale, a mangiare i piatti tipici della tradizione italiana.
Marco non aveva ancora tanti amici in Australia, era sconcertato dal clima caldo in un periodo che per lui avrebbe dovuto essere invernale, come era in Italia, cominciava a vedere solo persone grasse, inspiegabilmente felici, che davano l’assalto alla Vegemite nei supermercati e che parlavano solo di BBQ.
Aveva avuto le prime tensioni sul lavoro e si era reso conto che, nonostante lo stipendio buono, anche le spese erano alte e che la vita in Australia, a Melbourne, era più cara di quello che aveva immaginato.
Sconfortato, nostalgico e con il continuo pensiero rivolto all’Italia, commise l’errore di isolarsi dagli australiani che aveva conosciuto e che si erano dimostrati aperti e ospitali nei suoi confronti. Trascorreva molto tempo in chat con gli amici e i parenti italiani e ogni occasione era buona per lamentarsi della sua condizione di expat.
Come sempre si presentò puntuale all’appuntamento su Skype per il counseling psicologico. Aveva deciso di lasciare la sua vita australiana per tornare in Italia. Diceva di avere sbagliato tutto, diceva: “Cosa ci faccio qui? Mi manca l’Italia. Non sono fatto per vivere all’estero. L’Australia non fa per me” D’improvviso tutto quello che aveva ammirato nella fase della luna di miele divenne detestabile: era la crisi dello shock culturale. Di Melbourne non sopportava più non solo il clima imprevedibile che gli faceva vivere tutte le stagioni in un giorno solo, ma anche lo Skyline. Trovava invadenti i colleghi che lo invitavano a un barbecue o a bere una birra.
Durante quell’incontro di counseling psicologico su Skype aiutai Marco a ricordare i motivi per cui era partito, lo portai a riconoscere che quei motivi erano ancora validi e che era normale che avesse nostalgia dell’Italia e degli amici italiani.
Fece un elenco dei motivi per restare in Australia e di quanto aveva già realizzato per ambientarsi a Melbourne.
Riconobbe che, da quando si era isolato e aveva rifiutato gli inviti dei nuovi amici australiani, stava peggio. Si sentiva triste, solo e a tratti depresso.
Durante la seduta di counseling psicologico online, aiutai Marco a superare l’ansia e la tristezza e a ridefinire gli obiettivi per cui si era trasferito in Australia.
Riconobbe che prima di partire si era informato poco sull’Australia e su Melbourne e che aveva idealizzato il trasferimento down under, senza valutare bene quello che lo aspettava nella sua nuova vita nel continente australiano.
Scrisse anche un promemoria con tutto quello che avrebbe potuto fare per superare lo shock culturale e inserirsi nel contesto australiano.
L’elenco di azioni per superare la crisi dello shock culturale furono:
Nei successivi colloqui psicologici via Skype Marco apparve sempre più inserito nella vita australiana e sempre più sereno.
In breve superò la fase di crisi e passò nelle fasi di aggiustamento e di adattamento, tipica conclusione del processo di shock culturale.
Dopo un anno Marco era molto soddisfatto della sua nuova vita in Australia, non c’era sera in cui non fosse impegnato con gli amici australiani, aveva ottenuto una promozione e si sarebbe presto trasferito a Sydney, dove aveva già trovato una casa in cui abitare.
Se anche tu, come Marco, stai affrontando le difficoltà di un trasferimento all’estero, contatta la dott.ssa Beatrice Corsale, psicologa e psicoterapeuta, esperta nel counseling per italiani all’estero.