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Le donne che si sottopongono a un percorso di PMA [tra cui FIVET e ICSI] sono donne coraggiose. Affrontano la paura del fallimento e scelgono di ricorrere a trattamenti medici e invasivi per realizzare il progetto di maternità.

Nella delicata fase di vita in cui una donna cerca di avere un figlio con un trattamento di fecondazione assistita una donna può mettere in discussione la validità delle scelte passate e il significato stesso che dà alla propria vita. D’altra parte può sentirsi ingannata dalla Vita e dalla comune e semplicistica idea che avere un figlio sia semplice, naturale, scontato.

La speranza e l’incertezza di un percorso di PMA

Se, da una parte, una donna che cerca da tempo una gravidanza si avvia con coraggio e speranza in un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (tra cui FIVET o ICSI, ad esempio), è anche consapevole del fatto che si tratta di un percorso che può darle la possibilità di avere un figlio ma che non sarà né semplice né scontato che il bimbo o la bimba arrivi.
La paura che la gravidanza non arrivi, la paura che qualcosa vada male e il timore che la PMA fallisca possono portare la donna a provare un’angoscia e uno sconforto tali da renderle molto difficile proseguire nel percorso di PMA.
Inoltre, le donne che si sottopongono a PMA quando vi è un’infertilità di coppia, si sentono spesso sole, non si sentono comprese e portano spesso da sole il peso del timore di non realizzare il desiderio di stringere tra le braccia il loro bambino. Capita, infatti, che il partner non comprenda appieno il dramma che vive la propria compagna e che, pertanto, non riesca a sostenerla adeguatamente.
Nell’intraprendere un ciclo di PMA, molte donne vedono sbiadire i loro sogni di bambine e ragazzine, i giochi con le bambole, i sacrifici fatti per diventare indipendenti. Possono arrivare a credere che anche la loro vita sia impalpabile, quasi priva di scopo.

La paura che qualcosa vada male

La paura che vada male un trattamento di Procreazione Medicalmente Assistita, come FIVET, ICSI o inseminazione, accompagna la donna e la coppia per tutto l’iter di PMA. C’è il timore di vivere un ennesimo fallimento e la paura di non avere la forza per superarlo. Altre volte, eventi imprevisti, impediscono o ritardano la PMA.

Lo stress dei cambiamenti legati alla PMA

Quando una coppia affronta un percorso di PMA e una donna si sottopone al protocollo previsto si trova a focalizzarsi in modo quasi esclusivo sul desiderio di maternità e sulle procedure previste (che comprendono assunzione di ormoni, iniezioni, controlli, prelievo ovocitario e transfer embrionale). Infatti, per aderire all’impegnativo trattamento di PMA, che prevede spesso iniezioni di ormoni in orari precisi, controlli ecografici e analisi del sangue frequenti, la donna è costretta a ridurre l’impegno su altri fronti.

Adeguarsi al protocollo previsto da una FIVET cambia la quotidianità

Per seguire il protocollo di PMA la donna si trova spesso costretta a cambiare impegni lavorativi, a trascurare amicizie, affetti, interessi e cura di sé. Il brusco e drastico cambiamento di tempi, priorità e di routine quotidiana legati all’adesione ai protocolli di Procreazione Medicalmente Assistita, provoca spesso nella donna disagio, ansia e malessere, cui spesso si insinua anche il senso di colpa.

La Procreazione Assistita è più lunga di una gestazione

Quando i trattamenti di PMA si susseguono le donne rimangono sospese in un clima di solitudine, di incomprensione, di attività negate: niente più palestra, sport, viaggi perché ogni mese potrebbe essere quello giusto e non è possibile fare programmi. Temono inoltre che la vita movimentata e vivace che hanno sempre avuto possa ostacolare la gravidanza, perciò riducono drasticamente impegni e spostamenti nella speranza che questo sacrificio porti presto tra le loro braccia il figlio tanto desiderato.

Secondo ciclo FIVET

Dopo il primo ciclo FIVET (o di altra procedura di PMA) può essere proposto un secondo ciclo. Oppure può accadere che siano necessari altri accertamenti. Durante i cicli di PMA e durante la ricerca della gravidanza le donne si impongono i limiti e le cautele che solitamente ha una donna incinta. D’altra parte queste donne hanno il costante timore di non rimanere mai incinta. Vivono in uno stato di sospensione, spesso nel doloroso segreto di sentirsi costrette ad adottare per anni un comportamento da gestante. Con la differenza che, anziché sentire la gioia e la speranza di una vita che cresce, sentono la paura di vedere infrangersi il sogno della maternità.

Sembra che tutte abbiano il pancione

Le donne che si sottopongono ai protocolli di Procreazione Medicalmente Assistita vivono in un mondo in cui altre donne, amiche, parenti, colleghe, hanno figli, restano incinte, esibiscono pancioni, apparentemente senza aver avuto alcuna difficoltà nell’avere un figlio.
E’ frequente che provino invidia per queste donne e per i loro pancioni. C’è disagio nei confronti di donne già madri e la paura di non diventare mai madre può portare la donna che affronta una PMA a chiudersi ancora di più.

Senso di solitudine nel percorso di PMA

Le donne che compiono un percorso di fecondazione assistita provano una costellazione di emozioni, spesso contrastanti. Si va dalla speranza, al coraggio, all’energia di intraprendere un cammino impegnativo, allo sconforto, alla paura, all’ansia per il timore che la FIVET, la ICSI o l’inseminazione falliscano.
Alcune donne si sentono così in imbarazzo per l’infertilità di coppia da considerare la FIVET cui si stanno sottoponendo come se stessero facendo qualcosa di cui vergognarsi. Cercano motivi per giustificare le frequenti richieste di permessi di lavoro per sottoporsi al protocollo di PMA. A volte trovano giustificazioni per sottrarsi anche a riunioni e cene con amici e parenti. Spesso si trovano in un clima di segretezza, di silenzi, di isolamento e di solitudine.

La paura e il senso di colpa per i genitori che non diventeranno nonni

Pur desiderando un figlio in prima persona, una donna che si sottopone a una procedura di PMA, spesso sente anche di portare avanti il volere dei genitori, se non degli avi della famiglia, che avverte premere perché ci sia un discendente. Infatti, il rapporto con la famiglia spesso si complica poiché la donna avverte che i parenti vorrebbero che arrivasse un bambino e genitori e suoceri vorrebbero diventar nonni. Così, in modo più o meno diretto, i parenti gettano un ulteriore peso sulla figlia o sulla nuora, che spesso si sente già colpevole e sbagliata, come se le mancasse una parte, come se fosse colpevole di privare i genitori e i suoceri del loro (presunto) diritto di diventar nonni, come se privasse il compagno (o il marito) del suo (presunto) diritto di diventar padre.

Raramente la donna che si sottopone a una FIVET (o a un’altra procedura di PMA) si sente realmente compresa e capita, in tutte le sfaccettature emotive, dalla speranza alla paura, dall’amore all’invidia, dal coraggio alla vergogna, in tutti i complessi risvolti psicologici che attraversa.
Le persone vicine, d’altra parte, cercano di offrire un aiuto ma non sempre comprendono appieno la dolorosa paura e l’angoscia di una donna che teme di non riuscire a diventare madre.
Perciò l’aiuto ricevuto è avvertito come maldestro, impacciato, orientato a questioni pratiche più che a comprenderla e a sostenerla emotivamente e psicologicamente.

Il coraggio e la determinazione di queste donne che, nonostante le difficoltà, le fatiche e le paure, scelgono il delicato cammino della PMA per portare avanti il loro progetto merita attenzione, cura e rispetto.

Corsale, B. Invidia del pancione. Erickson